Italia e Cile: una poetica storia di antipodi. Letture e proiezioni dalle raccolte bilingui Ode al vento e Finestre – Ventanas, di e con Pietro Berra e Mirna Ortiz
Articolo di Elisabetta Motta
L’incontro organizzato per La Casa della Poesia di Monza, che si è tenuto sabato 28 settembre 2019 presso la sala Belvedere della Reggia di Monza, e che ho avuto il piacere di introdurre, ha visto come protagonisti Pietro Berra e Mirna Ortiz, che ci hanno accompagnati in un percorso poetico e fotografico fra Italia e Cile attraverso la lettura di testi dalle loro ultime raccolte edite da i Quaderni del Bardo: Ode al vento (Una historia de antípodas), e Ventanas – Finestre.
Un viaggio terrestre e celeste disseminato di paesaggi notturni e diurni fra Como, Brunate, il Lario, i luoghi dove Pietro è nato e ha sempre vissuto, collegati idealmente e poeticamente con il Cile, la terra dove ha incontrato Mirna, diventata poi comasca d’adozione e sua compagna nella vita. Un viaggio e un amore che si sono intrecciati con le parole di Pedro Salinas, poeta “galeotto” in questo loro incontro e ricordato con i suoi versi posti in esergo alla raccolta di Pietro: “I cieli sono uguali / guardarli ci avvicina”. Versi mescolati con le parole di Pablo Neruda, a cui Pietro rende omaggio con il testo Ode al vento.
La poesia di Pietro Berra è una poesia legata ai luoghi, come si evince fin dal primo testo con cui si è presentato:
le persone che mi vivono
Ci siamo incontrati sull’angolo
azzurro tra avenida Italia e via
degli Emigrati in Cile. Ci siamo
amati nella spuma di un’onda
di Isla Negra, oceanica variante
della siepe leopardiana sospesa
come quadro alla parete
Ci siamo mescolati in una folla
di ricordi trasognati. I sogni
pietre raccolte su opposte spiagge
ora segnano i margini del lago
che liquefatti ci contiene.
Questo forte legame col territorio lo aveva già colto Fulvio Panzeri a proposito della precedente raccolta Terra fra due fari, in cui aveva evidenziato il desiderio di Berra di «farsi abitare dai luoghi, per ritrovare in loro una parte di sé, quasi la forma in relazione ai luoghi, che diventano “presenze” e “sentimenti”». E davvero è difficile pensare a Pietro Berra senza immaginarlo bambino e poi adulto dallo sguardo curioso, intento ad osservare la statua di Plinio il Vecchio sulla facciata del Duomo, o davanti al tempio Voltiano, altro vanto della Città di Como, o alla casa del Fascio o all’asilo dedicato a Sant’Elia, opere progettate da Terragni, da lui ricordato tante volte anche attraverso le poesie dell’amato Giampiero Neri. Difficile è pensarlo lontano da Brunate, dove Pietro ha vissuto e dove ama andare a camminare, paese a cui è legato anche attraverso un premio letterario istituito in ricordo di Alda Merini. Personaggi che sono diventati presenze insostituibili nella vita di Pietro, non solo oggetto dei suoi pezzi giornalistici, delle sue ricerche e delle sue poesie, ma forse anche compagni di viaggio e di vita. È proprio in questi luoghi e in altri disseminati nel territorio comasco che Pietro ha dato vita assieme a Mirna e all’Associazione Sentiero dei sogni alle passeggiate creative, trascinando con sé centinaia di persone, sulle orme di questi artisti, rievocando momenti della loro vita nei luoghi in cui hanno vissuto o dove hanno intrecciato un legame profondo con la loro arte. E questo certamente perché la scrittura di Pietro presenta un forte legame non solo coi luoghi ma anche con il camminare. Essa, come ha scritto Robert Walser, stimola la percezione immaginativa, crea un ritmo interiore che può tradursi anche in un ritmo poetico. E, accanto a questi itinerari collettivi di conoscenza, trova spazio anche la camminata in solitaria verso la Casa nel bosco:
camminando piano
per non disturbare
la notte.Chiudo la porta
al giorno.
Rientro in me stesso
finché il ghiro rientrerà
nella sua tana
sul noce.
Ma il viaggio di Pietro non si limita all’Italia e segue anche le tracce dei migranti del Secolo scorso, come testimonia la poesia Funicolares a Las Antípodas, letta proiettando sullo schermo le fotografie accostate della funicolare di Brunate e quella di San Cristobal a Santiago del Cile, apparentemente indistinguibili poiché progettate entrambe da un ingegnere italiano e costruite da Italianos, immagini che rimarcano il legame esistente fra i due popoli:
per una foto ricordo
nelle sagome senza volto
ai piedi del San Cristòbal.
Sono “italianos” del Nord
come l’ingegnere che progettò
questa funicolare pagata
dagli emigranti con i loro giorni
con i loro sogni.
Il sogno di una funicolare
per arrivare alla madre di Dio
come quella che al loro paese
avevano costruito i signori
per raggiungere
le loro ville.
Un percorso che Pietro sceglie di concludere con la poesia Ponti, in cui i vari ponti che il poeta sogna divengono metafora di un legame che annulli le distanze «tra i noi / che si sono addormentati / e quelli che abbracceremo / al risvegliare»:
che ci abbracciano.
Il ponte dei Bottini
tra le conche dei tuoi seni.
Il ponte del Diavolo
tra le mia mani
e le tue natiche.
Il ponte di Grona che scivola
giù lungo la tua schiena
fino all’altro emisfero.
Il ponte dei Sospiri
che dal primo giorno
unisce sogni leggeri e liberi
di amanti scambiati per prigionieri.
E quel ponte tibetano sospeso
tra le montagne della Svizzera
e le nostre paure. Tra i noi
che si sono addormentati
e quelli che abbracceremo
al risvegliare.
Alternate e intrecciate alle poesie di Pietro scorrono sullo schermo quelle di Mirna, che sceglie di leggerle nella lingua originale, aggrappandosi forse ad un senso di identità che teme possa andare perduta a contatto con la nostra lingua.
Il mondo è percepito da questa poetessa attraverso un filtro, la finestra, come annuncia il titolo della sua raccolta, Ventanas – Finestre che è come il confine simbolico che mette in contatto i due mondi, l’interiore e l’esteriore, l’immaginario e il reale. La finestra, infatti, proprio perché limita e circoscrive la visone, può diventare, come scrive Leopardi nello Zibaldone, stimolo a vagare con l’immaginazione, svolgendo una funzione analoga a quella della siepe. In realtà molte sembrano essere le finestre aperte da Mirna: quella sulla sua anima, quella sul passato e sulla sua terra di origine, il Cile, a cui guarda talvolta con occhi velati di nostalgia, quella sul presente, nel tentativo di operare una messa a fuoco dentro il reale, quella che le permette di spiccare il volo verso un mondo metafisico. Scrive in apertura di un suo testo: «siamo aria e anche cielo / in quello spazio leggero quasi immaginario / che separa un’emozione da un respiro.»
Sceglie di presentarsi timidamente attraverso l’immagine di un quadro di Camillo Mori, La Viaggiatrice, conservato nel Museo nazionale di belle arti di Santiago del Cile, in cui è rappresentata una donna seduta accanto al finestrino di un treno in corsa, in attesa che qualcosa accada, concentrata sul suo viaggio interiore. Ogni spostamento comporta non solo un cambio di paesaggio ma soprattutto un cambiamento interiore e Mirna si rivela perpetua viaggiatrice, anche nel suo sostare: «tu non ritornerai / perché il viaggio è vita nuova / e quella che arriverà a destinazione / è un’altra più leggera.
a un mundo en movimiento,
donde los recuerdos
de días felices
aparecen en cada montana,
en los faroles de las calles,
en los pueblos que pasan,
pero esos son los que mas rápidos desparecen
por que, dependiendo del paisaje,
llegan también ellos:
los dolores,
que si se observan desde la ventana de un tren
estos pierden su forma
se enganchan en una esquina
se los lleva otra locomotiva en sentido opuesto
pero de alguna forma
siguen latiendo al interno.
Es inevitable no recordar
aquello de que se esta escapando.
Por que en cada metro que se avanza
también crece la esperanza
de que eso que te estruja el alma
no va a regresar
que tu no regresarás
por que el viaje es vida nueva
y esa que llegó a destino
es otra mas ligera.
Una finestra è un portale / di un mondo in movimento, / dove i ricordi / di giorni felici / appaiono in ogni montagna, / nei lampioni delle strade, / nei paesi che passano, / però essi sono quelli che più rapidamente spariscono / perché, dipendono dal paesaggio, / arrivano anche agli altri / i dolori / che se si osservano dalla finestra di un treno / perdono la loro forma, / si agganciano in un angolo / li porta via un’altra locomotiva in senso opposto, / ma comunque / continuano a battere dentro. È inevitabile non ricordarsi / di ciò da cui si sta fuggendo. Ad ogni metro che si avanza / cresce anche la speranza / che quello che ti stringe l’anima / non ritornerà / che tu non ritornerai / perché il viaggio è vita nuova / e quella che arriverà a destinazione / è un’altra più leggera.
E tra le tante finestre disseminate nei suoi versi c’è quella di Amelia Rosselli, che da quella finestra ha spiccato un volo. E Mirna scrive nel testo a lei dedicato: «Mi chiedo che cosa abbia visto lei in quella finestra per attraversare quegli spazi in un salto», forse un vuoto abissale che attrae, che ci chiama, in cui sembra che tutto possa convogliarsi: i colori, le parole, le esperienze della vita, il dolore. Pur avvertendone il fascino, Mirna si allontana da esso, affidandosi piuttosto alla forza rivelatrice e salvifica della parola poetica, come scrive nei versi finali del suo componimento: «Cominciamo a camminare verso l’alto / con le poesie che da lassù scendono / qualche volta ad illuminare la vita».
Scrive in Escalera al cielo 10 marzo 2015: «non sento l’attrazione della terra / solo una chiamata delle nubi a diventare eterea». Uno spiccare il volo che però deve fare i conti inevitabilmente con la quotidianità:
me gusta ir mirando de forma directa al cielo
el piso se disuelve
el espacio
no siento la atracciòn de la tierra
sòlo un llamado de las nubes para volverme etérea,
unos segundos de vuelo antes de llegar a superficie
donde aparece la Cotidianidad
Scala per il cielo 10 marzo 2015
Salgo le scale della metro plaza Egaña /mi piace camminare con gli occhi dritti al cielo / il pavimento si dissolve / lo spazio / non sento l’attrazione della terra / solo una chiamata delle nubi a diventare eterea / solo alcuni secondi di volo prima di raggiungere la superficie / dove appare la Quotidianità.
Pur abbandonandosi talvolta a vagare con l’immaginazione e a voli metafisici ella non perde mai tuttavia del tutto il legame con la terra e sceglie la via dell’umiltà (da humus, terra) come progetto per coltivare la propria umanità e la propria arte:
por que así llego a ese punto verdadero
donde mi proyecto
de umanidad
se anida.
En mi arte
En mis colores
en mis
palabras
Scopro l’umiltà / perché così arrivo / a quel punto vero / dove il mio progetto / di umanità / si annida / Nella mia arte / nei miei colori / nelle mie / parole.
È una poetessa che non chiude gli occhi di fronte al reale ma in lei le due vene, quella più intimistica legata alla propria dimensione interiore e al mondo degli affetti e quella civile, non appaiono mai contrastanti ma piuttosto convivono come complementari l’una all’altra, specchio di una realtà che è fatta di luci e di ombre, di momenti di gioia e di dolore, di cui la poesia può farsi testimonianza nel tentativo di lenire il dolore ed operare una sorta di resistenza.
Una poesia che raccoglie il lamento del popolo cileno e della sua cultura che è stata oltraggiata: «Hanno disprezzato il tuo seme / le tue madri / la tua origine / il colore dei tuoi occhi / il tuo sangue indio» -sonno versi letti modulando la voce, con forza espressiva e decisione. Una poesia che diventa grido di dolore per la Madre terra, come testimonia questa poesia dedicata agli incendi boschivi del 2017 che hanno colpito il Cile, in cui lamenta la perdita delle radici, della propria storia:
En tu dolor de madre
nuestra incandescente indiferencia
al agudo sonido de tus gritos,
en un concierto de llamaradas
ì Santa madre tierra!
Ahora nuestras làgrimas no son suficientes
para calmar el fuego
ni nuestra sangue
ni nuestra muerte
para calmar los demonios capitalistas
que de tus despojos alimentan
esta globalización de pobreza y enduedamiento.
Y llegará ese futuro
donde nos olvidamos del paraíso
porque lo regalamos con nuestra pasividad consumista
nos olvidaremos del alma que nos unía.
Nuestras raíces en el aire.
Somos ceniza.
Nos robaron nuestra historia.
E il vento porta le tue ceneri. / Nel tuo dolore di madre / la nostra incandescente indifferenza / all’acuto suono delle tue grida, / in un concerto di lingue di fuoco / Santa madre terra! / Ora le nostre lacrime non sono sufficienti / per placare le fiamme / né il nostro sangue / né la nostra morte / per placare i demoni capitalisti /che delle tue frattaglie alimentano / questa globalizzazione di povertà e indebitamento. / E arriverà quel futuro / in cui ci dimenticheremo del paradiso / perché lo abbiamo regalato / con la nostra passività consumista / ci dimenticheremo dell’anima che ci univa. / Le nostre radici nell’aria. Siamo cenere. / ci hanno rubato la nostra storia.
BIOGRAFIE
Pietro Berra è giornalista alle pagine culturali del quotidiano “La Provincia”. Promotore di rassegne culturali, è nei comitati organizzatori di Parolario, Lake Como, Film Festival, premio internazionale di letteratura “Alda Merini” e del movimento Poetry and discovery, movimento nato per diffondere la bellezza. Fa parte dell’associazione Il sentiero dei sogni. E’ ideatore del format “Passeggiate creative” (www.passeggiate creative.it), passeggiate realizzate sulle orme di poeti, scrittori, scienziati, artisti legati ad un particolare luogo. Ha pubblicato 21 volumi tra poesia, narrativa e saggistica, con particolare attenzione per la storia contemporanea, la scrittura popolare e un approccio innovativo al turismo culturale. Ode al vento (Una historia de antípodas) edita da “i Quaderni del Bardo” 2016, è la sua ultima raccolta poetica con testo a fronte in spagnolo a cura del poeta cileno Mario Castro e di Mirna Ortiz.
Mirna Ortiz Lopez è nata a Santiago del Cile nel 1982 e nel 2015 si è trasferita a Como E’ tra i fondatori del movimento Poetry and Discovery e del progetto Passeggiate Creative, entrambi finalizzati a diffondere la poesia e la bellezza facendo interagire le arti con i luoghi. Vice presidente dell’associazione Sentiero dei Sogni, sviluppa siti web e cura percorsi sensoriali, mettendo a frutto la laurea in Informatica. Ama il cinema, la fotografia e l’incisione. Ventanas – Finestre edita da” i Quaderni del Bardo” è la sua prima raccolta poetica scritta in castigliano con traduzione in italiano a cura di Pietro Berra.