SEGNI DI PASSAGGIO. Nell’afa di Fabio Pusterla è un libro d’arte che si compone di una poesia inedita di Fabio Pusterla, un’incisione di Luciano Ragozzino e una nota critica di Elisabetta Motta. Questa edizione è stata composta e stampata a mano con caratteri Magister su carta Amatruda di Amalfi con i torchi dell’Ex gelateria di via Guinizelli 14 per i tipi de Il ragazzo innocuo in 50 esemplari numerati e firmati nel mese di marzo 2021.
Nota critica di Elisabetta Motta
Se l’apparizione improvvisa dei cervi che dai boschi verticali scendono a bere al lago sottostante irrora il paesaggio del soffio della grazia, il ricordo di una donna che si è tolta la vita in quelle acque, con il quale tale immagine entra in dialogo, suscita nel lettore uno stato di turbamento. Una sensazione analoga è trasmessa anche dalle faine che «ebbre di luna» corrono sui tetti delle case «con strida di gioia e d’inquietudine» e dal maestoso cervo che con fatica riesce a sfuggire alla «trappola oscena» del guardrail e a rifugiarsi nel bosco «in lieta ritrovata nobiltà». Esso è certamente riconducibile entro quel folto gruppo di animali impegnati nella lotta per la sopravvivenza che sono diventati nella poesia di Pusterla simboli di “resistenza” – come già nei versi di Montale (L’anguilla) e di Giorgio Orelli (La trota, Frammento per la martora) – ma è anche rappresentativo, insieme agli altri animali selvatici, di una natura che appare sempre più vicina e talvolta drammaticamente compromessa con l’azione umana così da non poter essere considerata separatamente da essa.
Nell’ afa, di Fabio Pusterla
I cervi, nell’arsura
di questo luglio d’afa,
scendono nottetempo al lago a bere.
Escono dai boschi verticali
prendono una valletta dirupata
e arrivano al Profondo,
dove un po’ d’anni fa
una donna aveva scelto di sparire per sempre,
certo non senza segrete ragioni e dolori,
riemergendo un mattino bianchissima dal gorgo
proprio accanto a una barca ormeggiata
fra le alghe.
Lì i cervi bevono a lungo e forse guardano
mitemente quell’acqua che appena sciaborda
sotto di loro, muta. Ma uno, maestoso,
deve una notte aver sbagliato
percorso: l’hanno visto i vicini che entrava
nel nostro giardino deserto. Poi, tentando
di risalire alla strada si è incagliato
con le corna nelle sbarre del guardrail
ed è rimasto a scuotere frenetico la testa
per lunghi interminabili minuti. Un passante
impaurito non ha osato intervenire e infine il cervo
con un ultimo scossone si è strappato
dalla trappola oscena, è corso via
in lieta ritrovata nobiltà,
salendo al folto.
Sui tetti corrono le faine ebbre di luna
con strida di gioia o d’inquietudine.