Letteratura e critica - Libri d'arte
Il lavoro dell'artista è il continuo scavo nel mistero Francis Bacon

Recensione: La natura del bastardo di Davide Rondoni

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Recensione di Elisabetta Mottacarica file PDF di questo contenuto Testo critico (PDF)



La nuova raccolta poetica di Rondoni La natura del bastardo, uscita per Lo specchio Mondadori (2017), colpisce fin dal titolo, che ben si presta a esemplificare la poetica di questo autore, interamente volta ad un “imbastardimento”, ad una totale compromissione con la realtà, senza precluderne nessun aspetto.

La volontà di lasciarsi invadere dalla reale lo porta ancora una volta a viaggiare seguendo il battito del cuore, alla ricerca della «musica ancora sospesa del mondo» (p.59). Autostrade, stazioni, treni in corsa, discoteche, le metropolitane di Roma e Mosca, Milano, Bologna, Firenze, ma anche crinali, città di mare, luoghi di guerra e devastazione (Baghdad e Damasco) fungono da scenario dei suoi versi e si mescolano con vicende d’amore personali e vicende della contemporaneità, con storie tragiche di morte e di miseria, in un susseguirsi di volti, immagini, luoghi, abitati dall’umano, che compaiono talora nel loro splendore, talora nella più nera miseria.

A questo mescolarsi di luce e ombra, di sacro e profano non si sottrae neppure l’arte: e così può accadere che le madonne del Beato Angelico conservino «l’eleganza / potente e tremula di modelle di Armani» (p.52) o che un barbone tremante in una posizione sospesa «inginocchiato domenica mattina presto / nella luce bianca di stazione Termini, / due sacchi di plastica azzurri» ricordi «la rossa Maddalena di Masaccio» (p.72).

Davide Rondoni, La natura del Bastardo, Mondadori, 2017
Davide Rondoni, La natura del Bastardo, Mondadori, 2017

Anche il linguaggio poetico subisce un “imbastardimento” e se talvolta può apparire fin troppo compromesso con il «porco mondo», così debordante e lontano dall’essenzialità «io l’essenziale non so inventare, scrivo / che è sempre altro, scrivo fame» (p.21), tuttavia  non si appiattisce sui toni del parlato e non manca di accendersi in squarci lirici potenti, in contrappunti musicali, in profondi inabissamenti e in impreviste fioriture.

Proprio perché il movimento di fondo e la tensione sono sempre rimasti identificabili nel corso degli anni, Rondoni può permettersi non solo di riproporre testi già comparsi in precedenti raccolte o plaquette, come specifica in nota, ma persino di citare se stesso. Versi come «amare è l’occupazione / di chi non ha paura» (p.111)  o «la delicatezza / è il compimento delle forze» (p.95), inseriti nei suoi nuovi componimenti, sono così noti che non possono sfuggire all’attento lettore.

E proprio il tema dell’amore e della sua necessità diventa il cardine attorno al quale Rondoni costruisce l’intera raccolta. Nel componimento Possiamo soltanto amare, il resto non conta non funziona, che dà il titolo ad una intera sezione, si evince che la nostra capacità di amare e donarsi è l’unica cosa che davvero vale nella vita e sarà il metro con cui saremo giudicati alla fine dei tempi di fronte alle stelle, ai venti e tutti gli altri elementi naturali chiamati ad esprimere il loro giudizio sul nostro operato. Senza di esso la vita perde ogni allegria e si trasforma in un «teatro amaro / dell’impotenza sotto il sole giaguaro» (p.92).

Scrive Paolo Lagazzi sulla Gazzetta di Parma (25/05/2017) che «La natura del bastardo è un intarsio di frammenti, ma ognuno di essi, mentre ci offre un nuovo spiraglio sui misteri dell’amore (dell’amore in quanto Eros e in quanto Agape, dell’amore al femminile e dell’amore per i reietti, le «ombre gentili» e atroci, le creature devastate), subito devia come una freccia inarcata dal vento, fugge verso la tangente, curva verso l’altrove». Sì, perché per Rondoni l’amore implica sempre uno sconfinamento: «amare è / guardare qualcuno che taglia i campi / e sconfina» (p.62). «È dire amèn / e dirlo per le strade, alzarsi di notte / rompendosi il petto demente / correre in auto le tre ronde su a nord / sotto i fari i tre cerchi  – – / niente altro, aver vissuto per questo, e poi / finire, via» (p.49), riproponendo quel gesto che Beatrice compie nel XXXIII  canto del Paradiso congiungendo le mani per Dante, perché il suo viaggio possa compiersi.

L’amore per Rondoni è sempre una dismisura, che prende corpo in un desiderio di partecipazione a tutta la sostanza dell’essere e non pacifica il cuore. Coglierne la sua natura infinita significa riconoscere che non è una questione di durata d’anni, ma di quell’attimo in cui si vive solo grazie allo sguardo dell’amata «sono lo stesso momento di sempre / da quando hai alzato lo sguardo / e il tuo respiro ha reciso il mio nome dal niente» (p.129 ). Esso può consumarsi nella profusione di un bacio che dura un istante «labbra su cui ho fermato un istante il respiro» (p.62).

Amare è un lungo viaggio in cui non sono esenti temporali e momenti bui, alternati a luci sfolgoranti e improvvisi bagliori. La natura dell’amore è “bastarda” perché «sempre canta» e «sempre sanguina» è fatto di tenerezza e baci ma anche di fughe,  tradimenti e lacrime. Implica uno sperdimento, solitudine, ineffabilità ma dantescamente è anche un ritrovarsi. Rondoni non lo dipinge mai su di uno sfondo idilliaco, ma sempre con le sue «nuvole inquiete», è una conquista giornaliera, da dimenticare ogni notte e ricostruire ogni giorno, come se in quell’attimo di visione quotidiana con la donna si potesse ogni volta rinnovare il miracolo di una nuova alba, di un nuovo inizio.

Nel suo viaggio in compagnia di tante figure  femminili diverse «angeli fermi agli angoli per me», «regine appoggiate al muro a fumare», «ombre tra le mani» (p.62) spicca la madre, che compare in un solo testo ma con quella forza immensa d’amore  di cui si è fatta portatrice e che il poeta stremato continua a ricercare: «Non c’è posto del mondo, non c’è delirio / che non abbia il tuo sorriso, il tuo martirio, / ma non hai reso dominio la tua femminile vastità / Sei diventata il silenzio alto della valle / mia  madre albero fiorito alle mie spalle» (p.42). Nel cammino lo accompagnano anche i figli, che per Rondoni sono più che doni, sono segno e presenza del mistero che si concretizza nella nostra vita. E così il poeta, constatando la propria inadeguatezza nell’amarli di un amore che abbia l’apertura alare simile a quella di Cristo, li affida a Dio in un testo che è una preghiera ma anche una sfida: «Ma ora che siamo io / e tu / nella navata che mi zooma, ai tuoi occhi, dio, / ti sfido: / amali / come non so fare io, tienili, / nella vita che non va via, cresce come un grido / amali più di me se sei / dio» (p.61).

La natura del bastardo come il cuore del poeta «tutto diamanti e detriti» (p.61) è un libro pieno di bruciature, di tagli, di ferite, in cui tuttavia non mancano inattesi risvolti di grazia, se si hanno ancora gli occhi e il cuore preparati per accoglierli. E così può ancora accadere che, voltando in moto sulla curva che mette sui crinali, con il figlio minore Clemente attaccato alle sue spalle, il poeta riesca a intravedere, mentre sopraggiunge il buio della valle, «il miracolo minimo, incantato» delle lucciole»: «- non c’è curva senza sorpresa da scoprire / e ora che le mie stanno finendo / è bello trovarsi a un nuovo inizio / così dolce e tremendo nelle notti / mentre tu sorridi le lucciole ammirando …» (pg.64).

Davide Rondoni - ph di Elisabetta Motta
Davide Rondoni – ph di Elisabetta Motta

DAVIDE RONDONI nato a Forlì nel 1964, vive a Bologna. Ha pubblicato le raccolte poetiche: La frontiera delle ginestre, Forum (1985),  Nel tempo delle cose cieche, Nuova Compagnia editrice (1993),  Il bar del tempo, Guanda (1999),  Avrebbe amato chiunque,Guanda (2003), Apocalisse amore, Mondadori  (2008), Si tira avanti solo con lo schianto, Whitefly press (2013), Cinque donne e un’onda, Lanieri (2015). La natura del bastardo, Mondadori (2017)In ambito saggistico ha pubblicato Non una vita soltanto, Marietti (2002), La parola  accesa, Edizioni di pagina  (2006),  Il fuoco della poesia, Rizzoli (2008), Contro la letteratura, Il saggiatore (2009), Nell’arte, vivendo, Marietti (2012), L’amore non è giusto, Cartacanta (2013). Ha pubblicato i  romanzi Hermann, Rizzoli (2010), Gesù, un racconto sempre nuovo, Piemme (2013), Se tu fossi qui, San Paolo (2015), E se brucia anche il cielo, Frassinelli (2015). È autore di numerosi testi teatrali, ha curato le traduzioni dei Fiori del Male di Baudelaire (2011) e della Stagione all’inferno di Rimbaud (2012) oltre a opere di Eliot, Péguy, Mounier. Ha fondato e  diretto per diversi anni il Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna, dirige la rivista “clanDestino”, è editorialista di “Avvenire”. www.daviderondoni.altervista.it

La Casa della Poesia di Monza - Mirabello Cultura 9 giugno DAVIDE RONDONI locandina (Clicca per pdf)
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Foto dell’evento tenuto il 9 giugno

La Casa della Poesia di Monza – Mirabello Cultura 9 giugno DAVIDE RONDONI

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Elisabetta Motta View posts by Elisabetta Motta

Sono scrittrice, autrice di articoli, recensioni, interviste e saggi critici sulla poesia contemporanea. Amo l’arte in ogni sua forma, in particolare mi affascina in poesia il binomio parola / segno. Ho avuto la fortuna di incontrare nel corso degli anni alcuni piccoli editori che realizzano libri d’arte e poter collaborare alle loro edizioni con i miei testi critici. Come operatrice culturale organizzo eventi per La Casa della Poesia di Monza (di cui sono Vicepresidente dal 2015) nello splendido scenario della Villa Reale e del parco. Insegno lettere da molti anni in un liceo artistico a dei ragazzi meravigliosi ai quali cerco di trasmettere la mia passione per la poesia e per la bellezza e la convinzione che il lavoro dell’artista è il continuo scavo nel mistero. E di certo continuerò, finché avrò voce e fiato per farlo.

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