Rivista clanDestino vedi articolo originale pubblicato in data 24/01/2022
Davide Ferrari, Tutte le altre rose, Effigie, 2021
Tutte le altre rose (Effigie, 2021), il nuovo libro di Davide Ferrari, sorprende per l’unicità del tema in quanto è una raccolta interamente dedicata alla rosa, ma anche per l’apertura culturale che porta con sé. Il titolo è ripreso da una citazione di Matisse: «Per fare un esempio, io penso che non ci sia niente di più difficile per un vero pittore del dipingere una rosa, perché, per farlo, deve prima di tutto dimenticare le altre rose che sono state dipinte.» Essa ci suggerisce che occorre lasciare sbocciare la rosa nell’interiorità, nel profondo della propria anima, raccogliere ciò che quella rosa nella sua unicità dice, perché possano fiorire insieme anche i versi poetici. E in questi versi davvero avvertiamo come Davide Ferrari sia un poeta vicino alla natura e sappia contemplarla, ma nello stesso tempo viverla, sentendosi parte di essa, trovando un rapporto con la realtà attraverso la lingua dialettale. La concretezza delle immagini è un tutt’uno con il dialetto pavese, lingua madre appresa da bambino dalla sua balia Ersilia, con la quale ha composto anche la precedente raccolta Dei pensieri la condensa (Manni, 2015).
Scrive Franco Loi nella prefazione: «Quando scrive una parola capace di varcare / tutti i confini della storia, una reliquia / sola, germogliata di sorpresa come una rosa / che duri mille anni in un’aiuola (una parola buna de varcà / tüt i cunfin d’la storia, una reliquia / sula, bütà ad surpresa me una rösa /c’la düra mila an in una prösa), Davide entra nel segreto dell’anima della rosa a tal punto che è difficile dire altro oltre ai versi: quando dice delle rose, ne parla come se parlasse degli uomini e delle donne, o degli animali; è un atteggiamento giusto. Non le tratta come un oggetto più o meno decorativo. È proprio come se fosse un essere vivente che gli parla. Perché è davvero così. Il dialetto aiuta la natura a farla sentire viva, aiuta la rosa a sbocciare.»
E proprio a Franco Loi, suo grande maestro, poeta che amava le rose e che a questo fiore ha dedicato più di un componimento, Ferrari dedica il testo conclusivo della raccolta: La tua rosa più rosa di tutte le altre, / resterà sempre la rosa del mio cuore, / come un segreto nascosto nell’armadio, come le parole / che nascoste in gola sono diventate un rosario (La to rösa rosa pussè rosa ad tüt i altar, la restarà sempar la rösa dal me cör, me un segrét scus in d’l’armàdi, me i parol che scus in gula ièn diventà un rusàri.)
La rosa è un mondo: appare come oggetto di mistero ed è nello stesso tempo segreto accoglimento del tutto, della natura che è essa stessa mistero, per questo scrive nel testo di apertura della raccolta: Ogni rosa porta con sé un mistero / e una rosa è il mistero di tutte le rose. (Ogni rösa la s’porta adré un mistéri e una rösa l’è al mistéri ad tüt i ros).
La natura di questo fiore non è solo un dispiegarsi di forme e colori saldamente ancorati alla terra con le proprie radici, ma è uno scaturire di tensioni e richiami fra la terra e il cielo, un corpo a corpo continuo con le aporie del tempo, con l’ebbrezza dei sensi e con l’inquietudine del cuore, coi precipizi dell’amore e della morte. Ma essa è anche espressione di una cultura millenaria che ci appartiene profondamente, poiché la rosa è ben radicata nel nostro territorio ed è simbolo dell’Occidente. Non dimentichiamo che la vera cultura consiste nel conoscere il più profondamente possibile la materia con cui si lavora e in questo caso la curiosità e il desiderio di conoscenza hanno spinto Ferrari non solo a “coltivare” la propria lingua e il proprio roseto di ricordi personali, ma anche a ripercorrere poeticamente alcuni momenti della storia culturale di questo fiore. In questo modo il lettore viene trascinato in un universo poetico, musicale, artistico legato alla rosa che è di grande fascinazione.
Molti e vari sono i motivi di ispirazione: si va dalla rivisitazione dei versi shakespeariani di Romeo e Giulietta alla cover in dialetto pavese dell’originale di Robert Burns scritta in dialetto scozzese, dalla famosa diafora di Gertrude Stein alla canzone Il falco di Claudio Sanfilippo, dalla leggenda della rosa millenaria di Hildesheim all’immagine di una rosa blu appoggiata sulla tomba di Jeanne Hébuterne e Amedeo Modigliani. Non mancano poi ricordi personali legati alle vigne del pavese, alla propria infanzia, alle feste popolari, a figure misteriose come Rosa, personaggio popolare paragonato a una masca (che al suo passaggio lascia una scia di profumo di grappa alle rose), allo spaventapasseri che sembra Gesù Cristo con la corona di spine di rose sul capo, a un esercito di insetti che vivono ammassati nel cuore di una rosa metropolitana… Si tratta di versi che sono bagliori di tante piccole verità che, come stelle o lucciole, rischiarano il percorso intorno alla “lezione” delle rose e al loro rapporto con la parola poetica, senza mai esaurirla.