Nell’ambito della rassegna Mirabello Cultura 2016,
La Casa della Poesia di Monza invita a
I segreti del Parco e della Villa Reale di Monza
Monza 10 giugno 2016
Ore 17.30 ritrovo davanti al Teatrino della Villa Reale
Itinerario alla scoperta dei luoghi più segreti e suggestivi del Parco Reale di Monza con Corrado Beretta e Giuseppe Beretta
Letture di testi poetici e storici a cura di Antonetta Carrabs e Corrado Beretta
con Tappa del Grand Tour Poetico – Epifania mitomodernista
Il percorso si articolerà per il Parco con partenza dal Giardino retrostante la Villa, prevedendo le seguenti tappe:
- ll laghetto e il Tempietto Neoclassico, l’Antro di Polifemo, la Torretta Viscontea, l’albero secolare del Parco.
- Durante il percorso Antonetta Carrabs e Corrado Beretta leggeranno alcuni testi storici legati alla Villa Reale e al Parco e i poeti interverranno leggento testi poetici in relazione al parco, al mito, alla natura.
- La tappa conclusiva avverrà in Villa Mirabello e prevede l’intervento di Giuseppe Beretta nelle vesti del Cardinal Durini e il reading finale dei poeti: Flaminia Cruciani, Pietro Berra, Gianpaolo Mastropasqua, Germain Droogenbroodt, Tomaso Kemeny, Donato Di Poce, Pierangela Rossi, Maddalena Capalbi, Max Ponte, Mauro Ferrari, Luigi Scala, Carla Saracino, Alessandra Paganardi, Gabriella Sica, Ottavio Rossani, Simonetta Longo, Paola Pennecchi, Gianfranco Isetta, Marco Maggi, Vito Russo, Jacopo Ricciardi, Roberto Barbolini, Claudia Azzola, Luciano Monti, Vincenzo Guarracino, Ada Crippa, Marina Corona, Paolo Pezzaglia.
Coordina l’evento Elisabetta Motta
Tappe del tour poetico
I Giardini della Villa Reale di Monza
Storia dei Giardini Reali
I giardini si estendono in un’area di 40 ettari attorno alla Villa reale. Dietro al Serrone, che delimita il giardino geometrico attualmente dedicato al roseto, si accede all’area sistemata secondo lo stile “all’inglese”, caratterizzata da una natura apparentemente lasciata alla spontaneità, ma che in realtà risponde a un preciso progetto d’insieme ideato dall’architetto Giuseppe Piermarini. Seguendo i sentieri tra la ricca vegetazione arborea e arbustiva si raggiunge il laghetto, con il tempietto classico sullo sfondo. Dalle sponde si possono ammirare le fronde degli alberi che si specchiano sull’acqua, con la grotta e la statua di Nettuno, oppure attraversare il cosiddetto “giardino roccioso” per scendere verso il grande prato centrale, ammirando la cascata d’acqua e il piccolo ruscello dal percorso tortuoso tra la vegetazione, che qui si fa più diradata. Proseguendo a sinistra, lungo il cannocchiale che fronteggia la villa, si possono ammirare l’Antro di Polifemo, già ritratto nelle celebri tavole pubblicate a corredo del trattato di Ercole Silva a inizio Ottocento, le mura neogotiche e la torretta: tutti elementi fondanti della cultura sottesa al nuovo stile paesaggistico.
I giardini della villa arciducale (poi reale) di Monza sono stati realizzati dall’architetto Giuseppe Piermarini tra il 1778 e il 1783, dapprima con impianto formale, ispirato alla moda francese, secondo un grande disegno geometrico e regolare, in seguito ampliato al fine di proporre una percezione unitaria con il paesaggio circostante.
Il ruolo di precursore assunto dal Piermarini nella realizzazione di un’area dei giardini secondo lo stile importato dall’Inghilterra, apparentemente naturale anche se frutto di una precisa progettazione, è attestato da Ercole Silva nel trattato Dell’arte dei giardini (1801, 1813), che lo identificava come «il primo […] a dare saggio de’ giardini inglesi», pur nella scelta di compromesso con il giardino formale.
Mentre il parterre geometrico era la soluzione più idonea ad esaltare il potere e la magnificenza del principe, la novità del nuovo stile attestava l’aggiornamento del progettista e del committente (Ferdinando d’Asburgo) sulle tendenze stilistiche e culturali internazionali, accessibili grazie alla ricca biblioteca del Ministro Firmian, che contemplava anche alcuni testi di giardinaggio, e al ricordo manoscritto del viaggio intrapreso tra il 1783 e il 1786 da Ercole Silva, attraverso Francia, Svizzera, Olanda, Inghilterra e Germania.
La pregevolezza dei giardini e il loro immenso valore culturale, motivati dall’intervento di un professionista d’eccezione coadiuvato da giardinieri inviati da Vienna per volere di Maria Teresa d’Austria, è attestata dalla loro fortuna iconografica.
Le restituzioni di particolari, o le vedute d’insieme realizzate da pittori ed incisori fin dall’epoca della loro realizzazione, trovò particolare impulso grazie alla consapevolezza della loro importanza quale caposaldo italiano del nuovo stile, supportata dalla politica culturale promossa dagli Asburgo e dalla committenza di Eugenio di Beauharnais.
Le numerose incisioni, i dipinti e le riprese fotografiche dei vari elementi di arredo e soprattutto del romantico laghetto, con il tempietto realizzato dall’architetto Piermarini, sono in grado di restituire la bellezza di un luogo in cui il tempo ha apparentemente cessato di scorrere.
L’attuale varietà botanica, con esemplari di pregio, è il risultato dell’accurato lavoro di sapienti giardinieri, che da inizio Ottocento introdussero più di 15.000 specie diverse.
La cura dei giardini fu appunto affidata dapprima a Luigi Villoresi, compilatore del primo “catalogo” di piante e tra i fondatori della locale scuola per giardinieri, poi a Giovanbattista Rossi e a Giuseppe Manetti: tecnico giardiniere e botanico di fama internazionale, che ebbe un ruolo fondamentale nell’introduzione di specie esotiche e rare. Dagli anni Venti dell’Ottocento, grazie al viceré Ranieri i giardini – allora di privata proprietà degli Asburgo – sono stati accessibili al pubblico, ad eccezione di brevi periodi.
Tappa di partenza – I Giardini Reali antistanti la Villa
Tappa- Laghetto e tempietto neoclassico
Perfettamente integrato nella ricca vegetazione, il Laghetto dei Giardini Reali è un sinuoso specchio d’acqua sulla cui superficie si riflettono, secondo lo stile del giardino “all’inglese”, le chiome di maestosi alberi, una grotta con una statua del Nettuno e un Tempietto neoclassico.
Si tratta di uno dei luoghi più amati e ritratti fin dall’inizio dell’Ottocento. La sistemazione promossa dall’architetto Piermarini, con il lago e la cascatella laterale, è infatti documentata a partire dai celebri dipinti di Martino Knoller, poi nelle incisioni di Gaetano Riboldi, pubblicate a corredo del trattato di Ercole Silva, e nelle successive stampe tratte dalle acquaforte dei coniugi Lose e di Carlo Sanquirico.
Apparentemente naturale, il laghetto è in realtà un’ampia vasca artificiale con fondo impermeabile, profonda poco più di 2m nel punto massimo, alimentata dalla Roggia del Principe, canale artificiale creato appositamente per portare acqua ai giardini della Villa privi di una sorgente naturale. Il laghetto ha sempre ospitato una variegata flora e fauna aquatica, anche esotica, che una volta si poteva ammirare anche da vicino affittando una barca o un pedalò. Oggi il laghetto purtroppo soffre di periodici problemi di eutrofia e squilibri ecologici dovuti alla presenza di specie in quantità eccessive per uno specchio d’acqua così piccolo.
Tempietto neoclassico
Elemento di rilievo del progetto di Giuseppe Piermarini per la nuova area del giardino annesso alla villa arciducale, il Tempietto di ispirazione classica è probabilmente il più noto arredo dell’impianto paesaggistico, tipico dello stile inglese rivisitato ed attualizzato in Italia, ed è stato realizzato tra il 1778 e il 1783. Il tempietto neoclassico costituisce inoltre uno dei punti focali dei Giardini Reali, sia come oggetto decorativo ritratto in numerose vedute ottocentesche, sia in quanto belvedere della passeggiata che, attraverso sentieri ascendenti e discendenti, costeggia il Laghetto. In effetti, già nella sistemazione originaria, la vegetazione era stata disposta con sensibilità e attenzione perché la sua immagine potesse rispecchiarsi nell’acqua lacustre.Di forma circolare e con pronao rettangolare, il piccolo edificio costituisce un ideale luogo di sosta grazie alla sua posizione rialzata sulla collinetta, tra le fronde di alberi ed arbusti.
Tappa – L’antro di Polifemo
Cavità realizzata artificialmente, che ripropone un antro naturale ispirato al luogo in cui si addormentò il gigante Polifemo, ingannato da Ulisse.
Oltrepassati la grotta belvedere e la cascatella, il sentiero prosegue dritto verso settentrione. Nell’area centrale a prato, sulla destra è possibile scorgere una sorta di orrido, un pittoresco antro naturale ricavato tra rocce e vegetazione arbustiva, che in origine doveva essere più ricca e folta. Il nome assegnato a questo luogo, citato per la prima volta nel trattato di Ercole Silva, potrebbe far riferimento alla pittoresca terra dei Ciclopi, posta alle pendici dell’Etna, ove è collocato il famoso antro. Lo stesso Polifemo è stato assimilato da alcuni studiosi al vulcano, che non a caso risiede in un cratere tondeggiante. In alternativa, il trattatista potrebbe aver voluto fare allusione alla forza bruta del gigante piegata dall’intelligenza del giovane Ulisse, così come la Natura può essere guidata dalla mano di un sapiente giardiniere.
La cavità costituisce in ogni caso uno dei tanti punti focali dei giardini inglesi che, come specifica il Silva, offrono l’opportunità di molteplici vedute, a fronte dello scontato e prevedibile impianto del giardino formale, che può essere percepito in un unico sguardo, attraverso la prospettiva centrale.
Proseguendo oltre un piccolo bosco di tassi, il sentiero si biforca e da un lato prosegue verso il laghetto, oltrepassando il portale di un muro in rovina, mentre dall’altra raggiunge un’altura, con la torretta neogotica.
Torretta e Mura neogotiche
La Torretta neogotica, ideata dall’architetto Luigi Canonica, ma progettata dal suo successore Giacomo Tazzini, è una testimonianza del gusto per le rovine che trovò applicazione nei giardini ottocenteschi.
L’edificio, d’ispirazione medievale, presenta pianta rettangolare e si sviluppa in altezza su due piani, parzialmente coronati da una merlatura. Completa l’impianto architettonico una torretta alta trenta metri e provvista di belvedere superiore, anch’essa merlata. L’apparato decorativo comprende gli stemmi di Monza e degli Sforza nel prospetto sud, un bassorilievo in cotto con scene di caccia e una lapide con lo stemma degli Asburgo sul lato orientale della torretta.
Concepito come uno dei principali arredi dei Giardini Reali, il manufatto venne realizzato ad opera dell’architetto Giacomo Tazzini, succeduto a Canonica nel ruolo di architetto dei Reali fabbricati, come “finto castello con annessa torre” aderente alla moda del Gothic Revival. Progettata nel primo quarto del XIX secolo, la torretta si contrappone idealmente alla Cascina San Fedele, grazie all’espediente di un cannocchiale prospettico che prosegue idealmente fino al Portale neogotico del Parco Reale.
L’edificio, posto a dominare il paesaggio circostante sulla sommità di un lieve pendio naturale, presenta pianta rettangolare su due piani d’altezza e un portico laterale, affiancato da una torre merlata. I muri perimetrali sono in laterizio e pietra locale, il ceppo, tradizionalmente utilizzata per le architetture lombarde. I solai sono lignei e presentano nel piano interrato e nel portico volte in muratura, mentre la copertura è a falde spioventi in laterizio. La torre, alta trenta metri, presenta alla sommità un belvedere che fornisce un ottimale punto panoramico sull’area del giardino sistemata “all’inglese” già a fine Settecento, ad opera dell’architetto Giuseppe Piermarini.
Alcune fonti iconografiche evidenziano la forte suggestione che un edificio di questo genere poteva creare nell’atmosfera romantica conferita dalla sistemazione paesaggistica dei Giardini della Villa.
Un’incisione ad acquaforte intitolata La Tour dans le jardin, disegnata Federico Lose nel 1826 per la raccolta Promenade dans le Parc Impérial et Royal et dans les Jardins de Monza, riporta la torretta finalmente ultimata ed identica a come si presenta oggi. Giacché il manufatto non è citato nella seconda edizione del trattato Dell’arte de’ giardini inglesi di Ercole Silva, date alle stampe nel 1813, e non compare nella prima planimetria, di rilievo, firmata dall’architetto Luigi Canonica, la data di ultimazione dei lavori si può collocare negli anni Venti dell’Ottocento.
In effetti Canonica, dopo aver deciso di conservare la preesistente “vigna” entro l’area dei Giardini Reali, pensò di arricchire la riva del laghetto superiore con un nuovo fabbricato, registrato come “casino della vigna toscana” nel suo “Tipo dimostrante il Parco unito alla Cesarea R. Villa presso Monza nello stato a cui dovrebbe esser ridotto”.
L’idea venne tuttavia portata a termine solo nel 1822, quando il suo successore Giacomo Tazzini pensò di sfruttare il fabbricato del vecchio casino toscano per realizzare un edificio “alla gotica” con torretta.
Dalla data di ultimazione dei lavori pare che la Torretta neogotica non abbia subito alcuna modifica sostanziale, ad eccezione di quelle intraprese per l’adeguamento tecnologico di luce, gas e impianto idraulico rese necessarie per le nuove destinazioni d’uso a bar e annessa abitazione del gestore. L’edificio è stato inoltre recentemente interessato da un risanamento generale delle facciate.
Tappa finale- Villa Mirabello
Dimora seicentesca preesistente alla creazione del Parco, Villa Mirabello è collegata scenograficamente a Villa Mirabellino attraverso un viale a doppio filare di carpini.
Secondo la leggenda la Villa sorge sulle rovine di un antico castello di proprietà dei De Leyva, nobile famiglia d’origine spagnola, da cui nacque Virginia Maria De Leyva, meglio conosciuta come la Monaca di Monza. Mirabile esempio di architettura voluta dal conte Giuseppe Durini (1612-1671), fu costruita tra il 1666 e il 1675 secondo il progetto dell’ingegner Gerolamo Quadrio, che strutturò il Mirabello con una planimetria a U attorno a due corti, una nobile e una rustica, e con il viale di carpini d’accesso in corrispondenza dell’asse di simmetria. Aperta verso il paesaggio fluviale, la villa costituisce un concreto esempio del passaggio dalla tipologia del castello/palazzo chiuso fra mura, tipico del 1400-1500, al nuovo concetto di residenza di campagna, “luogo di delizie e cenacolo di letterati”, aperta verso uno scenografico giardino, di cui si conserva tuttora l’impianto.
Il fronte principale della Villa, verso la corte d’onore, è reso evidente nella sua parte centrale da un portico su colonne a tre fornici e dal sovrastante balcone, coronato da un timpano triangolare. Due volumi laterali più bassi, leggermente sporgenti verso la corte, collegano il corpo principale alle ali laterali. Queste ultime, attraverso aperture coperte a volta, conducono alle corti rustiche, a una cappella, identificabile grazie ad una cornice in granito rosa, e alle scuderie. Ai lati del corpo centrale s’innalzano due torrette, che testimoniano le origini militari dell’edificio, adibite rispettivamente a campanile della chiesa e a belvedere. Lo scalone d’onore, con balaustra in arenaria, conduce all’ammezzato e al primo piano nobile. Gli ambienti interni sono sopravvissuti a rimaneggiamenti e cambi di destinazione d’uso e presentano ancora stucchi e affreschi con motivi architettonici ed episodi mitologici.
La pianta del nucleo centrale comprende otto sale con atrio, disposte intorno a un ampio salone da ballo che occupa tutta l’altezza dei due piani. Al piano superiore una balconata, posta lungo tutto il perimetro della grande sala da ballo, era utilizzata sia come luogo di passaggio per accedere alle camere, sia come tribuna d’onore per assistere a danze e ricevimenti. Le pareti sono interamente affrescate e il soffitto a volta presenta un medaglione centrale polilobato nel quale sono dipinti personaggi allegorici e scene mitologiche.
Attorno al nucleo più antico, già cintato a est in corrispondenza del giardino, sono stati aggiunti altri corpi di fabbrica, diversamente databili, tra i quali il cortile degli stalloni, un secondo cortile con piccolo galoppatoio a nord, una corte rustica e tre edifici sede del Monza Polo Club a sud.
Negli anni tra 1776 e 1788 divenne la residenza preferita del cardinale Angelo Maria Durini (1725-1796), che la rese luogo di cultura e di incontri mondani, tanto da commissionare anche la costruzione di un edificio poco distante, villa Mirabellino, per ospitare i suoi illustri invitati, tra i quali Giuseppe Parini e il Metastasio. Utilizzata come reposoir, luogo di feste e ricevimenti, ma soprattutto cenacolo per letterati e artisti, alla morte del Cardinale la villa venne requisita dai soldati di Napoleone e nel 1805 passò a Carlo Vimercati Sanseverino, che l’anno successivo la cedette al Governo italico perché la inserisse nel progetto generale del Real Parco di Monza, voluto dal vicerè Eugenio di Beauharnais e progettato dall’architetto Luigi Canonica.
Numerosi cambi di destinazione d’uso condussero nel 1920 alla gestione della SIRE, Società per l’Incoraggiamento delle Razze Equine. In quegli anni anche il prato tra le due ville Mirabello e Mirabellino venne trasformato in ippodromo, con conseguente stravolgimento della zona e soppressione del cannocchiale, oggi recuperato.
Dal 1935, quando divennero proprietari i Comuni di Monza e Milano, Villa Mirabello fu deputata a sede degli uffici amministrativi del Parco e solo negli ultimi anni l’edificio è stato dedicato a ospitare attività culturali. Nel maggio 2005, in concomitanza con i festeggiamenti per il bicentenario della nascita del Parco di Monza, il Salone centrale è stato riaperto al pubblico, dopo che importanti lavori di restauro conservativo hanno riportato al loro splendore affreschi e decorazioni.
Bibliografia: I testi, i dipinti e le incisioni d’epoca sono state prese dal sito della Reggia Reale. www.reggiadimonza.it
Le fotografie sono state scattate da Elisabetta Motta