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La Bella di Monza reading poetico dedicato alle rose

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Roseto Fumagalli Nisi della Villa Reale
Roseto Fumagalli Nisi della Villa Reale

Il giorno 21 maggio 2016 alle ore 17.45 La Casa della Poesia di Monza, all’interno della rassegna della Reggia di Monza “Il mondo nel Parco Reale” ha promosso LA BELLA DI MONZA, reading poetico dedicato alle rose nel Roseto Niso Fumagalli della Villa Reale

Hanno introdotto l’evento:

  • Corrado Beretta, architetto del Consorzio, responsabile dei progetti di valorizzazione della Reggia e del Parco, che ha parlato della storia del Roseto, fra leggenda e realtà
  • Valerio Villoresi Pronipote di Luigi Villoresi, che ha raccontato alcuni aneddoti relativi alla sua famiglia e in particolare al nonno,  direttore dei Giardini della Villa Reale di Monza dal 1812 al 1825 ) e  ibridatore della Rosa ‘Bella di Monza’ o ‘Medoetiensis Villoresi’ , a cui è dedicato l’evento – una delle 57 varietà di rose da lui create
  • Antonetta Carrabs, Presidente della Casa della Poesia di Monza che ha portato i saluti della Casa della Poesia, promotrice dell’evento
  • Elisabetta Motta Vice presidente della Casa della Poesia che ha letto un testo di Giancarlo Pontiggia appositamente scritto per l’evento

Ha coordinato l’evento Diana Battaggia

Antonetta Carrabs, Corrado Beretta, Valerio Villoresi, Elisabetta Motta, Diana Battaggia – Teatrino Villa Reale di Monza
Antonetta Carrabs, Corrado Beretta, Valerio Villoresi, Elisabetta Motta, Diana Battaggia – Teatrino Villa Reale di Monza

Di seguito il discorso introduttivo del poeta Giancarlo Pontiggia, scritto per l’occasione e letto da Elisabetta Motta:

Quante rose

Ritratto del poeta Giancarlo Pontiggia
Ritratto del poeta Giancarlo Pontiggia

Quante rose nella storia della poesia: Aurora che ha «dita di rosa»; le Grazie dalle «braccia di rosa»; il bosco di meli sacro ad Afrodite, come scrive Saffo in uno dei suoi più bei frammenti, «tutto ombreggiato di rose». Per gli antichi il mondo era sacro, ma solo per i Greci il sacro assunse il carattere della bellezza e della compiutezza: e la rosa, sopra ogni altro fiore, parve loro rappresentare questo sogno di sacralità e di perfezione.

Certo anche per questo il fiore che era stato di Afrodite e di Iside si fa, in età cristiana, il fiore della Madonna, rosa mystica, «la rosa in che il verbo divino / carne si fece», come leggiamo nel Paradiso (XXIII, 73-74); e quando Dante giunge all’Empireo, non può che immaginare il mondo dei santi se non come una «candida rosa» (Paradiso XXI, 1), tra i petali della quale plana uno sciame di angeli-api il cui volto è di fiamma viva e le cui ali sono oro. Si dice, giustamente, che tutto è simbolo nel Paradiso dantesco: ma la potenza della poesia di Dante è che i simboli non cancellano mai la forza ruvida, sensibile delle cose del mondo: le sue rose continuano a restare rose, anche quando ogni suo petalo ha il volto di un santo.

Anche nelle purissime ventiquattro poesie francesi dedicate alla rosa, Rilke riprende l’idea della perfezione, ma in lui la rosa si fa – come in gran parte della poesia novecentesca – muta, enigmatica sembianza dell’invisibile, «gioia / di non essere il sonno di nessuno sotto tante / palpebre». Il desiderio di accogliere in sé il mondo, di farsene custode e pastore, si fonde con un senso di smarrimento e di finitezza che proprio la perfezione della rosa – la sua bellezza labirintica, vertiginosa – acuisce. Eppure, la richiesta del poeta è che essa divida con noi, smarrita essa stessa, ciò che non le appartiene: «questa vita, questa nostra vita» (Rose XXIV).

Non so se siamo così lontani dai versi, terribili e sfolgoranti, con cui Celan parla della «rosa di / Nulla, di Nessuno»: un Salmo in cui si sente l’urgenza di invocare il Dio che non c’è, proprio perché non c’è, proprio perché è dell’uomo il desiderio di «fiorire» incontro a qualcuno. Per questo, a nostro risarcimento, la memoria corre ai versi, onirici e confortevoli, di un meraviglioso Betocchi degli anni Trenta, dove il poeta evoca:

Un dolce pomeriggio d’inverno

Un dolce pomeriggio d’inverno, dolce
perché la luce non era più che una cosa
immutabile, non alba né tramonto,
i miei pensieri svanirono come molte
farfalle, nei giardini pieni di rose
che vivono di là, fuori del mondo.

Chi non vorrebbe entrarvi, in quel giardino «di là», fuori del mondo eppure così pieno di mondo? Come anch’io vorrei essere tra voi, amici, tra roseti veri, dolci e odorosi, screziati degli infiniti colori delle cose del mondo. E vorrei salutarvi con questo mio breve distico, tratto da Bosco del tempo:

Ci avvincano le rose, e le tenebre
d’estate. E i tuoi scuri occhi,
vita.

Rosa chinensis (La Bella di Monza) - Roseto della Villa Reale
Rosa chinensis (La Bella di Monza) – Roseto della Villa Reale

Per cantare tanta bellezza, i poeti partecipanti – 21 autori – hanno letto testi propri o di altri poeti italiani,  scritti per esaltare la perfezione della rosa e per renderle omaggio.

(I testi sono leggibili nel sito di La Casa della Poesia di Monza)

Di seguito l’elenco dei  poeti intervenuti:

Donatella Bisutti,  Piero Marelli, Massimo Morasso,
Manuela Bellodi, Claudia Cangemi, Antonetta Carrabs
Bruna Colacicco, Ada Crippa, Stefano Gentile,
Annamaria Lombardi, Cinzia Marulli, Luciana Moretto,

Francesco Palmieri, Paolo Pezzaglia, Laura Ricci, Alice Serrao,
Gian Piera Sironi, Alexandra Zambà,
Sebastiano Aglieco con alcuni studenti  delle scuole elementari

Non sono mancate testimonianze in lingue straniere  grazie a Laura Ricci che ha tradotto numerosi componimenti scritti da autrici straniere. L’internazionalità dell’evento è stata  supportata dalla poetessa cipriota Alexandra Zambà, da Piero Marelli che ha introdotto alcuni testi si poeti provenzali e dai testi di Rilke, poeta della rosa, che Massimo Morasso ha condiviso con i partecipanti.

Alcuni dei poeti che hanno partecipato al reading:

ADA Associazione Danze Antiche

Le letture poetiche sono state inframmezzate da musiche e danze Coreografia a cura di ADA Associazione Danze Antiche

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