Gianni Salis La traiettoria delle corse – Poesie inedite e incisione originale dell’autore con un testo critico di Elisabetta Motta, stampato in 50 esemplari numerati e firmati.
Testo critico di Elisabetta Motta su La traiettoria delle corse di Gianni Salis (PDF)
«Linee di voci» e «grida di gambe», un palpitare di carne, terra e sudore segnano La traiettorie delle corse di Gianni Salis, che ci offre uno spaccato di quel mondo scolastico che egli ben conosce, poiché insegnante di musica nelle scuole. È una poesia che si radica nel respiro e nel corpo, con una esigenza di concretezza che non è disgiunta dalla sua passione per la musica. Essa però non può essere letta come un semplice resoconto dell’esperienza: il desiderio che l’accende e la fa vibrare è un tendersi che attraversando il linguaggio lo spinge verso quel nucleo di mistero che sta al fondo del reale. Esplorando la quotidianità ne vengono rimesse in gioco traiettorie, attraversati gli spazi, misurati i confini seguendo i movimenti delle cose e degli esseri, in una prospettiva in cui l’infinito è sempre il termine ultimo. Senza mai abbandonarsi all’oscurità, con l’irrefutabile chiarezza del suo sguardo, il poeta si chiede nel primo componimento quanta ghiaia bisogna allora attraversare, quanto devono arare gli occhi per riconquistare quella meraviglia che ha visto brillare negli occhi dei suoi giovani scolari tornati sui banchi di scuola. Alla nostalgia si accompagna una tensione che coincide con una ferita aperta, simboleggiata dalle mani sanguinanti del bambino caduto sulla ghiaia, le cui gocce segnano «il confine incerto fra l’innocenza e l’eterno». E allorché nel secondo componimento le traiettorie delle corse negli intervalli si disegnano come «un vortice di caos / perfetto, disegnato nell’eternità», misura e mistero divengono i due poli entro i quali giocare la partita finale, quella più alta, che ha a che fare con il destino e con i desideri. Osservando i suoi studenti presi dalla foga di non perdere un solo pallone e una sola corsa, poiché sì, è solo «un quarto d’ora, ma prima / c’è ancora da segnare, rubare / l’ultima palla per decidere …» il poeta si domanda quale amore potrà colmare «i cuori ingarbugliati / di speranza e nostalgia», ben sapendo che l’unica misura adeguata per l’amore è la dismisura. L’infinito. Che non sta in nessun conto, che rompe ogni chiusura, che sempre muove e rimette in gioco poiché «ogni partita è quella decisiva / nell’infinito compito di esistere / che in ogni istante ci è affidato».