FESTIVAL DELLA POESIA E DELLE ARTI DELLA CASA DELLA POESIA DI MONZA edizione 2024
La poesia e la musica della scienza, verso il mistero,
Direzione artistica Antonetta Carrabs e Elisabetta Motta

Il 25 ottobre il Festival organizzato dalla Casa della Poesia di Monza si è aperto con la consueta lectio magistralis presso la sede di Confindustria, rivolta agli studenti delle classi quinte del Frisi di Monza e ai loro docenti. Ospiti dell’ incontro l’astronauta Paolo Nespoli e il filosofo Mario Porro.
Paolo Nespoli, astronauta Esa, è rimasto nello spazio per 313 giorni, durante le sue tre missioni sulla Stazione Spaziale Internazionale, tra il 2007 e il 2017. Dopo il ritiro dalla carriera di astronauta, si è dedicato all’insegnamento universitario al Politecnico di Milano (corso di Space Engineering, materia Human Spaceflight and Operations) e alla divulgazione scientifica. Ha coinvolto e appassionato gli studenti con il racconto delle sue giornate trascorse a bordo della Stazione orbitante, mostrando con immagini le loro difficoltà nel muoversi, operare, e convivere in 12 persone in un ambiente equivalente a un appartamento di 100 mq, in assenza di gravità. Ha poi mostrato un video della Nasa intitolato “The sound of silence” https://www.youtube.com/watch?v=rgBKFEeXfww che ha affascinato per le bellissime riprese del pianeta. Ha inoltre esortato gli studenti a vivere coltivando i propri sogni, come ha fatto lui, che fin da giovane sognava di fare l’astronauta, un’aspirazione ritenuta da molti irrealizzabile, ma che invece ha perseguito con tenacia a e determinazione.

Nella seconda parte dell’incontro è intervenuto Mario Porro, filosofo di formazione, saggista, traduttore. Ha dedicato i suoi studi a diversi filosofi francesi. Ha dedicato vari saggi ai rapporti fra filosofia scienze e letteratura, soprattutto in Calvino, Primo Levi e Gadda. E tra gli autori più citati nella sua lectio con cui ha intrattenuto gli ascoltatori in un excursus fra filosofia e scienza ci sono stati Galileo Galilei, Giacomo Leopardi, Italo Calvino, Primo Levi ma a sorpresa ha ricordato anche alcuni scritti di Antonia Pozzi e Mariangela Gualtieri.
La seconda giornata, il 27 ottobre, si è aperta con la tavola rotonda con Ugo Moschella, fisico, Stefano Raimondi e Marco Pelliccioli (in rappresentanza di Franco Buffoni), poeti, Laura Campanello, filosofa e Gabriele Garofalo, studente e poeta. Moderatrice. Milena Provenzi, psichiatra.


Di seguito il testo del mio intervento in apertura della tavola rotonda:
Benvenuti al nostro Festival di quest’anno che ha per tema: La poesia e la musica della scienza, verso il mistero, un tema appassionante di cui mi sono occupata di questo tema esattamente dieci anni fa, nel 2014, quando mi sono ritrovata a far parte della giuria del CERN di Ginevra (in collaborazione con le edizioni Subway) per un concorso indetto per divulgare le attività del centro e raccontare poeticamente il mistero della creazione. In quell’occasione il concorso fu vinto dal poeta Davide Ferrari con il suo scritto Eppure c’è una meta per quel fiato d’universo, poemetto interamente ripubblicato nel mio libro intervista “La poesia e il mistero”, edito da La Vita felice, che contien anche una bella intervista all’autore proprio sul tema del rapporto poesia e scienza.
Fin da allora mi sono resa conto di come non sia facile scrivere testi su argomenti di carattere scientifico utilizzando parole chiave quali: quark, bosoni, big bang, antimateria… e mi sono accorta di quanti pregiudizi vi siano in relazione al rapporto fra poesia e scienza, poiché si tende a pensare che la vera conoscenza sia ascrivibile al campo delle scienze esatte e che la poesia e l’arte debbano invece essere relegate al ruolo dei sentimenti e della fantasia, ma non è così, anche la vera poesia è conoscenza dell’uomo, della natura e dell’universo.
Mario Luzi, ha scritto che ai poeti interessa la fisica del mondo, ovvero la natura materiale, la sua composizione, il suo movimento facendo ben capire che la visione dei poeti è un modo di guardare il mondo che parte dal mondo. Czeslaw Milosz, (Nobel ne1980) ha scritto che «La scienza e la poesia condividono il tentativo di trovare una lingua per l’ignoto. La poesia è l’appassionato inseguimento del reale.» Certo poesia e scienza seguono strade diverse ma, come ha scritto il fisico Carlo Rovelli ( citato anche da Davide Ferrari nella intervista che gli ho rivolto), nella sua opera La realtà non è come ci appare scienza e poesia sono visionare e dunque giungono alle stesse intuizioni. A volte, addirittura, i poeti con le loro intuizioni arrivano prima degli scienziati. E Rovelli prende come esempio Dante che, Seicento anni prima che Plank mostrasse che la materia è movimento di energia, aveva già detto che ciò «che move il sole e l’altre stelle» è Amore, fondando così il sapere scientifico nel discorso poetico. Aveva già intuito la teoria di Einstein quando, alla fine del viaggio, immagina l’universo come formato da sfere concentriche.
Inoltre nel trentatreesimo canto del Paradiso ci dà una immagine vivida di cosa sia il Big Bang scrivendo: “Nel suo profondo vidi che s’interna, / legato con amore in un volume, / ciò che per l’universo si squaderna (Parad. XXXIII 85-87). Sono alcuni dei numerosi esempi che Rovelli riporta, che evidenziano come per Dante la poesia è conoscenza, ma Dante non è un caso isolato, come lui si potrebbero citare molti altri poeti e scrittori interessati alla fisica del mondo e che hanno alle spalle una formazione scientifica: Leopardi in primis, ma anche Levi e Calvino, Sinisgalli e altri autori di cui ha parlato ieri il filosofo Mario Porro nel suo intervento che si è tenuto presso la sede di Confindustria rivolto agli studenti liceali.
Altre due componenti che non possono venir meno nel poeta e nello scienziato sono lo stupore e la meraviglia. Bigongiari ha scritto che «la poesia è scienza nutrita di stupore.» Wislawa Szymborka nel suo discorso tenuto in occasione del conferimento del premio Nobel nel 1996 scrive che occorre mantenere sempre «una partecipazione stupita a questo gioco con regole ignote» e cita due scienziati Newton e Marie Curie proprio per la loro curiosità e per il loro porsi continuamente domande. E, a proposito di Marie Curie, è bene ricordare che proprio lei ha scritto: «Uno scienziato nel suo laboratorio non è soltanto un tecnico, è anche un fanciullo posto di fronte a fenomeni naturali che lo impressionano come un racconto di fate.» É proprio la Meraviglia che ci rende disponibili all’apertura e quindi alla conoscenza che è l’essenza stessa del Mistero. E proprio in relazione al Mistero che sta dentro e fuori di noi potremmo raccogliere tante testimonianze sia dall’una che dall’altra parte. «Poesia non è se non vi è mistero», scriveva Ungaretti, mentre Einstein ha dichiarato che «la più bella e profonda emozione che possiamo provare è il senso del mistero. Sta qui il seme di ogni arte, di ogni vera scienza». E ancora: «Chi non ammette l’insondabile mistero non può essere neanche uno scienziato» e, potremmo aggiungere, certamente neanche poeta. Chiudo questo breve intervento con la lettura di una bella poesia di Milosz che si intitola Il senso:
Quando morirò, vedrò la fodera del mondo.
L’altra parte, dietro l’uccello, il monte e il tramonto del sole.
Letture che richiamano il vero significato.
Ciò che non corrispondeva, corrisponderà.
Ciò che era incomprensibile, sarà compreso.
Ma se non c’è la fodera del mondo?
Se il tordo sul ramo non è affatto un indizio,
Soltanto un tordo sul ramo, se il giorno e la notte
Si susseguono non curandosi del senso
E non c’è niente sulla terra, tranne questa terra?
Se così fosse, resterebbe tuttavia
La parola una volta destata da effimere labbra,
Che corre e corre, messo instancabile,
Verso campi interstellari, nel mulinello delle galassie
E protesta, chiama, grida.