Testo critico
Pinocchio, protagonista del componimento poetico di Donatella Bisutti, in analogia con il romanzo di Collodi, si manifesta in primis come voce che parla, ma in questo caso non per richiedere cibo, lamentarsi o ridere per il solletico, quanto piuttosto per rivendicare la sua libertà contro chi gli impone di essere altro da quello che è, un semplice burattino di legno, di assumere le vesti di un bambino in carne ed ossa e rientrare nella società cosiddetta “normale”. Vista dal suo punto di vista straniante essa appare dominata da inganni, frodi, prevaricazioni, violenza, mancanza di amore, per questo ad essa oppone un no deciso e si rifiuta di entrare a farne parte.
Ma Pinocchio non è solo voce, è puro istinto, energia vitale , movimento continuo e inarrestabile tanto che non appena gli vengono create le gambe scappa, allontanandosi da Geppetto, spinto dal desiderio di conoscere il mondo, la vita, fare esperienza. Da solo intraprenderà un viaggio archetipico e di iniziazione, scandito in diverse tappe che lo porteranno ad un cammino di conoscenza e di ricomposizione del proprio IO. Esso ci appare fin dall’inizio scomposto in una pluralità di nature, spesso in contrasto fra di loro: vocale, vegetale, animale e infine umana. Uno dei problemi che Pinocchio vive di continuo è infatti quello di dover scegliere fra il bambino che potrebbe diventare e la natura vegetale (implicita nel nome “seme di pino”) a cui vorrebbe rimanere fedele. Burattino di legno vorrebbe tornare ad essere un pezzo di legno e prima ancora albero. Anche il crescere del lungo naso di legno, uno degli attributi che lo caratterizzano, può essere visto come un regredire verso la natura vegetale o , secondo una lettura antropologica ed etnografica, come “il bastone dello sciamano” che ne tradisce la natura magica di trickster.
In altre circostanze invece sarà l’animalità a prendere il sopravvento; note sono le tue trasformazioni in pesce, cane, asin o… Forse Pnocchio proprio per questo è un personaggio tanto amato, perché in esso ci rispecchiamo: esprime la nostra natura più ancestrale e selvaggia, il nostro desideri odi libertà che non trova spazio nella società umana ormai irrigidita entro regole ferree e alienata dal proprio principio vitale. Egli è e continuerà ad essere una voce che ci ricorda il conformismo in cui siamo imprigionati e che ci parla dell’incanto delle origini di cui conserviamo una profonda nostalgia.