Risvolto di copertina
“Gli uomini da sempre – scrive Davide Rondoni – fanno cinque o sei cose: fanno l’amore, fanno la guerra, si rivolgono a Dio, provano a darsi delle leggi. E fanno poesia, per poter relazionarsi con il segreto della vita, per metterlo a fuoco”. Ed ecco svelato il mistero dell’esistenza, sbattuto in faccia con una frontalità così diretta che sconcerta: “Possiamo soltanto amare / il resto non conta, non / funziona”. L’amore come necessità, dialogo, condivisione, avventura che richiede coraggio: “Amare è l’ occupazione / di chi non ha paura”, scrive in Apocalisse amore. La dolcezza come compimento delle forze. La luce. E l’allegria profonda. Questi i segni di chi conosce perché ama. Le stelle testimoni raccoglieranno il respiro, affideranno il ricordo alle molte braccia del vento. “Il resto è il teatro amaro / dell’impotenza sotto il sole giaguaro”.
Testo critico
Il testo critico è contenuto su foglio sciolto all’interno del libro d’arte.
È un messaggio forte e chiaro quello che ci giunge dal testo di Davide Rondoni, sbattuto in faccia con una frontalità così diretta – la stessa con cui egli affronta la vita – che quasi sconcerta: «Possiamo soltanto amare / il resto non conta, non / funziona». Ancora una volta egli propone il tema dell’amore come meravigliosa necessità, come nucleo di valore non intaccabile e fondante la nostra esistenza: si tratta di uno dei leitmotiv della sua produzione poetica. Essa si alimenta di grandi interrogativi sulla vita, la morte, la fede, il mistero, di fatti ed eventi, anche minimi, che egli cerca di custodire, dando loro rilievo e senso, mettendoli a fuoco.
Prende corpo in un desiderio di partecipazione a tutta la sostanza dell’essere, in una sorta di abbraccio vitalistico che si esplica nel tentativo di riportare il tutto del mondo al suo fuoco primigenio, al motore che muove il mondo: «l’ amor che muove il sole e l’altre stelle» di dantesca memoria. E proprio le stelle e i venti, in quanto partecipi del moto stesso dell’essere, di quello slancio che tiene in tensione le cose nella loro fondamentale natura di realtà date, saranno chiamati a giudizio, testimoni di una vita spesa nelle tenebre del disamore e dunque destinata all’oblio o al contrario accesa dalla fiamma vivificante di amore e destinata dunque a durare anche oltre la vita. Solo l’amore infatti è in grado di vincere la sfida contro il tempo e sconfiggere la morte. L’amore per Davide Rondoni è un’apocalisse, un disvelamento dei tempi. Amare in fondo è come dire: «tu non morirai». È un’ impresa che richiede coraggio, forza, dedizione, è un cammino che diventa arduo tanto più l’amore si fa universale sull’esempio di Cristo, pertanto non esente da battute d’arresto e fallimenti. Nonostante le difficoltà esso resta sempre e comunque un’esperienza vitale su cui scommettere. Senza di esso la commedia della vita si trasforma in un «teatro amaro / dell’ impotenza sotto il sole giaguaro».
Accompagna il testo una serigrafia a più colori di Giuseppe Vigliotti, essa si dispiega configurando un’unica immagine che riprende alcuni elementi chiave del testo poetico, conferendogli maggior espressività e incisività.
Le immagini sono collocate su di uno sfondo color vinaccia, il cui andamento sinuoso può ricordare un fiume, ma anche la coda di un animale, un serpente, una colata lavica … qualcosa che si muove o che ci muove. Esso può ben simboleggiare la tensione che anima i testi di Rondoni che rimane ben identificabile al di là dei cambiamenti stilistici avvenuti nel corso di decenni di esperienza poetica e inoltre conferisce un ritmo ampio alla poesia che si dispiega coi suoi versi lunghi e prosaici in una movimentazione profonda. A lato compaiono dei corpi rannicchiati, colti in un istante di intimità e tenerezza, essi appaiono vuoti al loro interno, palesando la loro transitorietà. Nel loro anonimato e data la semplicità delle forme appaiono come sculture appena abbozzate, simulacri simili ai calchi pompeiani: sono sedimentazioni dell’ amore che li alimentava in vita e che permangono quale testimonianza al passare dei secoli. Il segno grafico che li caratterizza ha un andamento mosso, contorto, spezzato e sinuoso, fragile e a tratti impetuoso.
Il tempo che scorre e governa, inesorabile e crudele, è simboleggiato dal calendario azteco, un monolite di roccia basaltica nel cui centro è rappresentato Tonatiuh, il dio sole, con la lingua dispiegata a forma di coltello ad indicare la sete di sangue umano. Ad esso viene associato il dio giaguaro, adorato dalle civiltà precolombiane come un dio antropofago che ha in sé la grandezza del sole, la voce del tuono e la potenza della morte. Nelle nuvole di colore giallo che sembrano scorrere sopra il testo nelle diverse forme di vapore-fumo, foglia e crepa l’artista ha voluto sintetizzare ciò che “sta a guardare” e che tutto accoglie e rigenera: il regno delle acque, quello vegetale (ma anche linfatico in genere, i rametti sono anche vene o canali nervosi), quello dell’aria e dei venti, il cosmo con le stelle e le galassie in espansione o implosione, ma anche atomi con orbite irregolari di elettroni. Quello che risulta alla fine è un quadro dove tutto “si tiene”, in cui anche i versi poetici sembrano frammenti esplosi da un’originaria unità cosmica e partecipano assieme agli elementi naturali ad un disegno misteriosamente profondo.
Incontriamo Davide Rondoni per la firma del libro d’arte Possiamo soltanto amare (Lithos, 2010) il 17/03/2010 in un gran bar cinese di Milano, in una traversa di viale Porpora
Potrebbe sembrare un luogo strano e poco adatto per un incontro del genere, ma non per chi conosce Rondoni. Milano è una città in cui transita spesso sia per lavoro che per incontrare gli amici e, proprio in via Porpora (ora sede della rivista Tempi), un tempo andava a trovare don Giussani, amico e maestro.
Preso entro un vortice di appuntamenti, conferenze, reading poetici, Rondoni si sposta quotidianamente. Aeroporti, tavolini del bar, autogrill, ma anche treni o auto in corsa sono tutti luoghi che fungono spesso da naturale contesto ai suoi componimenti. Il titolo di una delle sue raccolte poetiche più conosciute, Il bar del tempo (Guanda, 1999), è emblematico di come i tavolini del bar possano costituire per lui un punto di osservazione privilegiato da cui osservare il mondo. Non c’è dunque da stupirsi della sua richiesta di firmare il libro d’artista non in stamperia o nell’atelier dell’artista, ma proprio in un bar, del tutto anonimo.
Spesso in ritardo agli appuntamenti questa volta non si fa attendere a lungo: scende da un taxi in corsa e ci raggiunge salutandoci calorosamente con un abbraccio. In una mano l’immancabile toscanello, sulla testa uno dei suoi improbabili cappelli, sulla spalla la borsa di pelle che sembra una bisaccia. Ci dice subito che ha poco tempo a disposizione per la firma, perché di seguito ha un appuntamento, ma si capisce che non vede l’ora di avere tra le mani i libri, che non ha ancora avuto modo di vedere ultimati.
È la prima volta che Rondoni e Giuseppe Vigliotti si incontrano di persona. Pur avendo un temperamento opposto l’uno all’altro, tra i due subito si avverte una reciproca simpatia. Rondoni è estroverso, con la battuta sempre pronta, Vigliotti è estremamente timido e riservato e non ama parlare in pubblico. È un artista eclettico; si occupa in prevalenza di grafica, fotografia e video-installazione e ha lavorato come illustratore freelance per diverse case editrici nazionali. Ha accolto con entusiasmo la proposta di accompagnare il testo poetico di Rondoni con un suo lavoro artistico, realizzando una serigrafia a tre colori di grande impatto visivo, ripiegata a forma di libro. La dispieghiamo sul tavolino, in modo da poterla ammirare nella sua interezza. Siamo colpiti da come abbia saputo riprendere alcuni elementi chiave presenti nel testo di Rondoni e li abbia tradotti in immagini, conferendo così maggior espressività anche al testo stesso: il regno delle acque, quello vegetale, quello dell’aria e dei venti, il cosmo con le stelle e le galassie, atomi ed elettroni. A emozionarci però sono soprattutto i disegni dei corpi rannicchiati, colti in un istante di intimità e tenerezza, come sculture appena abbozzate, simulacri.
Vigliotti ci racconta che vive a Como ormai da molti anni, ma che i suoi genitori sono di origine napoletana e da bambino l’avevano portato a visitare Pompei. In quell’occasione era stato molto suggestionato alla vista dei calchi di uomini, donne e animali. E così alla lettura del testo poetico di Rondoni, in cui si parla dell’amore come elemento vitale, senza il quale siamo più simili ai morti che ai vivi, l’immaginario è corso proprio a quei calchi. Di conseguenza poi è venuta l’idea di posizionarli su uno sfondo rosso cupo, il cui andamento sinuoso può ricordare appunto una colata lavica.
Dopo questo emozionante ricordo si procede alla firma del libro d’arte. L’operazionedura circa un’ora, intercalata da battute, risate, bevute. Ci salutiamo concordando la prima data della presentazione del libro d’arte, il 21 marzo 2010, in occasione dell’evento La poesia fra alfabeti e utopie organizzato da Lorenzo Morandotti, presso il Teatro Sociale di Como per la Giornata mondiale della Poesia.