Testo critico
Il testo critico di Elisabetta Motta è contenuto su foglio sciolto all’interno del libro d’arte
Conversazione con l’angelo di Alberto Nessi fa parte di quei libri d’arte la cui copertina da sola “canta”, dicendo già molto del testo. La gazza che vi è riprodotta (incisa con la tecnica della xilografia da Luciano Ragozzino), se da un lato rimanda immediatamente a “la gazza sfrontata che s’imbosca / con un volo ubriaco”, protagonista dell’omonimo componimento poetico, dall’ altro la sua ala pennuta rinvia all’angelo-frontaliere con cui il poeta si intrattiene dialogando. Quest’ultimo ci introduce in quella sottile linea di confine che nelle poesie di Alberto Nessi separa il mondo dei vivi da quello dei morti. Morti che «pesano» «sulle spalle» e «disegnano ombre sul prato», ma che ci appaiono più vivi e luminosi dei viventi in virtù di quella foscoliana «corrispondenza d’amorosi sensi» che, alimentata dal dialogo con il poeta e dal ricordo, restituisce loro una seconda vita. È una poesia dai toni crepuscolari, al cui fondo, però, si intravede una luce: «la luce / che ho amato» e – come ha raccontato in Se luce non splende, un testo contenuto in Ladri di minuzie – Nessi ha inseguito, quando la sera si ritraeva, come una persona amata, su per i dossi della Valle di Muggio. «Non dire niente se luce non splende» ha scritto in Non dire (componimento posto a chiusa della raccolta), verso che diventa un imperativo etico o una sorta di formula magica in cui è contenuto il segreto per poter continuare a rappresentare il mondo. Cantore della natura, Alberto Nessi è perfettamente consapevole di tutte le ombre che l’accompagnano e che essa nasconde in sé, della sua connivenza con il tempo nel distruggere ciò che crea, ma nonostante ciò non si abbandona all’oscurità. E così, in condizione di solitudine «vivo in disparte come fa il capriolo / caracollante fra carpini e faggi» e di smarrimento «ma io spesso mi perdo nel fondovalle», nonostante l’impronta nera e spettrale di quel «guanto nero» che «si para davanti / ai margini del sentiero» e «un teschio» che «riemerge nel sottobosco», il poeta, se pur oscillando, continua a camminare «ostinato / io metto un piede dietro l’altro, in bilico / sui greppi, come fa il bracconiere». A guidarlo sembrano essere proprio la luminosità di quei valori in cui ha creduto e che restano come eredità: «un poco di stupore / per lo scricciolo»,«la bellezza che sfugge a prima vista», la semplicità dei gesti come «il piacere di sbucciare un’arancia / voltare una pagina, sfiorare il viburno». Viburno che il poeta ha voluto riprodurre nell’incisione che accompagna il testo poetico, eseguita con la tecnica dell’acquaforte: essa testimonia il suo amore per il mondo vegetale, l’incanto di alberi, piante, fiori, contemplati nel giardino di casa e nelle passeggiate per i boschi ed evocati nei suoi versi sempre con nomi precisi, appartenenti al lessico specifico. Egli infatti li conosce perfettamente, sapendone illustrare le varietà, le zone in cui crescono, le forme delle foglie e le loro caratteristiche, i loro profumi e odori. Alla domanda che gli ho rivolto su cosa fosse per lui il sacro, Nessi ha risposto: «Come per Rigoni Stern, il sacro per me è fermarsi in silenzio nel bosco». Sacro che nasce dallo stupore di fronte al creato e che gli permette di cogliere frammenti di divinità disseminati tra i carpini e i faggi, tra le «tracce di selvatici nella neve / rosazzurrina se il sole l’accende» o tra «il contrappunto delle faggiole nel bianco». La sua è una religiosità naturale, lontana da ogni chiesa e istituzione, da ogni verità rivelata. Ciò in cui crede è piuttosto un nuovo umanesimo che rivaluti il principio di fratellanza e carità, che ricorda la «social catena» de La ginestra leopardiana. Sebbene in questi ultimi anni la poesia di Nessi abbia lasciato i toni ironici più sferzanti e si sia indirizzata verso una poesia più intimistica, legata al «cerchio familiare», non è mai venuta meno l’attenzione verso il mondo degli umili, dei poveri, di chi sta ai margini. La pietas, che assieme alla compassione è alla base della sua poetica, in Conversazione con l’angelo è anch’ essa annoverata tra i valori, antidoto all’odio e alla violenza. «Cosa mi resta? Un poco […] di pena per i dementi / che allevano serpenti dentro il cuore». Poeta legato alla terra ma sospinto dal cuore-uccello a coltivare attraverso il canto il sogno di un’esistenza più alta, senza peso («il piede deve diventare ala» ha scritto nel suo ultimo romanzo La prossima settimana, forse) Nessi si affida alla parola poetica come arma contro l’inesorabilità dello scorrere del tempo e dello sgretolarsi della realtà. Parola che oppone la stessa resistenza dei «flabelli di vinca contro i soffi del vento», che si affida a «discorsi divaganti» e ritrova il linguaggio delle«preghiere». Siamo di fronte a un poeta che, bandito ogni scetticismo, crede nel reale che si impone ai nostri occhi con la forza delle «minuzie». Consapevole di aver vissuto e amato, di aver coltivato passioni, sogni e ideali, sa di dover proseguire il suo viaggio senza abbandonarsi ai «rimorsi, ritorni, ritorsioni» del tempo, affidandosi alla bellezza e alla creazione artistica come possibili vie di salvezza.
Un invito a cena da parte di Alberto Nessi è sempre un momento di gioia condiviso
Lo è ancor di più se alla cena si aggiunge la firma del nuovo libro d’arte fresco di stampa dal titolo Conversazione con l’angelo (Il ragazzo innocuo, 2013). Dopo un viaggio a dir poco terribile per via della guida spericolata di Luciano Ragozzino, su per i tornanti della Val di Muggio, raggiungiamo l’abitazione di Alberto, a Bruzela. È Alberto ad aprirci la porta di casa e ad accoglierci con un grande abbraccio mentre la moglie Raffaella è impegnata ai fornelli. Con noi c’è anche la moglie di Luciano, Enza, mentre ad attenderci in salotto vi è Roberto Stoppa, un amico di Alberto. Ho lo stomaco completamente sottosopra e non riesco a mangiare nulla dell’aperitivo che ci viene offerto. Mi siedo e aspetto che passi. Proprio non vorrei perdermi la cena preparata da Raffaella, che so essere una cuoca eccezionale. La casa di Alberto è molto bella, vi è uno splendido camino in cotto e pavimenti d’epoca ed è arredata con gusto. Alle pareti Alberto ci mostra i quadri di amici, noti pittori e incisori, di cui ricordo solo alcuni nomi: Massimo Cavalli, Gerard de Palézieux, Samuele Gabai ecc. Ci mostra poi i suoi libri d’arte, riposti nella libreria con grande cura. Si sente fra le sue dita il crocchiare della preziosa carta e sollevando la velina ci mostra le splendide incisioni che accompagnano i testi. Di seguito poi mentre Alberto accompagna Luciano ed Enza al piano superiore per visitare il resto della casa, io mi trattengo nel salotto con Roberto Stoppa. Conversando con lui scopro che è un economista che coltiva però la passione per la poesia, trasmessagli da Alberto, che è stato suo docente di lettere anni fa. I due poi sono diventati amici e Roberto è ormai di casa dai Nessi.
La cena si svolge con allegria, tra una portata più raffinata dell’altra e innaffiata dal buon vino portato da Roberto, proprietario con il socio Agustoni di una cantina in Mendrisio. Arriva poi il consueto brindisi e il momento della firma. L’operazione non richiede molto tempo e di seguito chiediamo ad Alberto di leggerci la poesia Conversazione con l’angelo. Il momento della lettura del testo è, da parte di quei poeti che come Alberto vivono nel mondo regalandoci i con i loro versi momenti di assoluta grazia, un dono. Lo assaporiamo così in religioso silenzio,ringraziandolo di cuore. Roberto, entusiasta del testo di Alberto e di tutto quello che gravita intorno all’editoria d’arte, mi lascia il suo numero di telefono, chiedendomi di risentirci per organizzare l’incontro di presentazione del libro nella sua cantina. Nascerà una proficua collaborazione con lui e di lì a poco il primo dei quattro incroci poetici fra Italia e Svizzera organizzati nella cantina Agustoni-Stoppa, ribattezzata “La Cantina poetica”. I primi protagonisti saranno proprio Alberto Nessi e Davide Rondoni con le rispettive edizioni del Ragazzo innocuo, Conversazione con l’angelo e Sei un amore perché sei un racconto. Ci salutiamo, felici per questa splendida serata, con la promessa di rivederci presto e ci avviamo verso casa. A Chiasso, mentre passiamo la dogana, ci riappare l’angelo-frontaliere di Alberto con le sue domande: «E tu cos’ hai avuto, cos’ hai dato?», «Hai rimorsi, ritorni, ritorsioni?» Le portiamo con noi nella notte, ci faranno compagnia al di là del confine.